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Gattopardi guerrasessisti, politica e la sconfitta della PERSONA

Leggo in Rete, e riporto con il consenso dell’autore, una storia come quella di tanti. Che dovrebbe far riflettere tutti, almeno per un attimo. Perchè a queste cose non si pensa – non si vuol pensare – finchè non ti piovono addosso, o piovono addosso a chi vuoi bene. E allora hai tante domande, e nessuna risposta, e ti chiedi dove sia la verità, ammesso che ce ne sia una.

“Buongiorno a tutti,
mi chiamo C. O. e NON sono iscritto al PD. Ho rinunciato definitivamente a iscrivermi e a votare questo partito, che pur sarebbe il mio partito per storia famigliare, durante la campagna elettorale per le politiche appena trascorse dopo avere ricevuto le email propagandistiche della “responsabile della comunicazione” Tiziana Ragni.

Erano email che apparentemente invitavano alla partecipazione, nei fatti erano solo propagandistiche.

Ma soprattutto erano email offensive, denigratorie e sessiste. E mistificatorie.

Io sono un padre separato. Sono costretto come quasi tutti gli altri nella mia condizione a vivere una serie di situazioni paradossali che possono essere sintetizzate nella privazione dei diritti naturali e primari della persona riguardo al rapporto con i figli, la disponbilità del proprio patrimonio, del proprio reddito e del proprio tempo.

Come maschio, marito e padre mi è NEGATA la pari opportunità davanti ad un Giudice: qualunque sia la mia responsabilità all’interno del matrimonio, la sentenza è già scritta. Con tanto di modulo prestampato da compilare dal magistrato secondo parametri assai discutibili.

Qualunque siano gli atti perpetrati della mia ex moglie ai danni miei, dei miei famigliari e della nostra bambina non c’è, né mai ci sarà, sanzione alcuna. E parlo di azioni che vanno ben oltre il dispetto. Parlo di sottrazione internazionale di minore, parlo di aggressione verbale, psicologica e fisica ripetuta e costante mirata a scatenare (nel mio caso invano) reazioni su cui lucrare un vantaggio in sede dibattimentale. Azioni ampiamente fomentate dagli avvocati e da “altre strutture”. Parlo di evasione fiscale totale non solo impunita ma addirittura “premiata” con la concessione del gratuito patrocinio.

Quale che sia la norma che regola la separazione in Italia, se ci sono dei bambini di mezzo, questa diventa un incubo per qualunque marito che si vede espropriato di tutto senza neppure il diritto alla difesa in Tribunale dei diritti propri e di quelli dei suoi figli.

In Italia dal 2006 vige il regime di Affido Condiviso che nei fatti è stato snaturato dalla prassi dei Tribunali. Questi applicano infatti la norma in modo da ribadire il concetto, indecoroso, che il padre non ha il diritto ad accudire o educare i propri figli mentre mantiene l’obbligo a sovvenzionare la madre, indipendentemente dai redditti di entrambi tramite la finzione dell’assegno di mantenimento al minore.

Assegno che nei fatti viene incassato ed usato dalla madre senza alcun obbligo di rendiconto. Di fatto i costi della separazione ricadono solo sui padri e sui figli. E parlo di costi non solo economici, ma anche morali ed affettivi.

In tutto ciò i figli vengono trattati come PERTINENZE all’interno del matrimonio, quasi fossero parti comuni di un immobile o l’autoradio di una autovettura: non hanno alcun diritto e vengono messi nelle condizione di diventare il pretesto per i ricatti da parte del genitore collocatario che è quasi sempre la madre.

Su dieci matrimoni, sei falliscono. Al momento ci sono circa quattro milioni di famiglie separate, Ottocentomila mariti vivono in estrema povertà e sono costretti a ricorrere all’aiuto esterno anche di associazioni benefiche.

Di questo si parla rarissimamente.

Si parla invece continuamente di presunti “femmincidi”. Bene, è ora di dirlo chiaramente: il “femminicidio”, ovvero l’omicidio di una donna in quanto donna è praticamente inesistente.

Esistono casi di omicidi passionali,per interesse, per dinamiche di coppia che coinvolgonono circa duecento persone l’anno. Di queste la metà sono uccise da uomini, l’altra metà è uccisa da donne: stessi moventi, stessi numeri. Tranne che le donne uccidono non solo uomini, ma anche un buon numero di altre donne. Numeri in lento ma costante calo, tra l’altro. Quanti di questi omicidi abbiano per movente “l’essere donna” è certo: nessuno. Si tratta di omicidi e basta.

Viene fatta passare l’idea di una “innata violenza maschile” nei fatti inesistente, perché qualsiasi studio, anche internazionale, conferma che la violenza è connaturata all’essere umano e trasversale tra i due sessi che spesso la alimentano reciprocamente tra loro.

Per fare passare queste tesi sono state divulgate e propagandate ricerche che studiano solo i casi di violenza contro le donne che mettono insieme aggressioni fisiche abbastanza rare con prestese coercizioni psicologiche facendo media e drogandone i risultati: “tuo marito/compagno ti ha mai ciriticata per come ti vesti o ti acconci i capelli”.

Si ribadisce continuamente la falsa informazione che la violenza maschile sia la prima causa di morte tra le donne quando sono senza alcun dubbio i tumori o le malattie cardiovascolari in numero nettamente superiore.

Si cerca di far passare l’idea che esista una sottocultura maschile violenta, che è una idea oltre che falsa anche offensiva nei confronti tanto di tutti gli uomini che non possono essere chiamati o a correità dei comportamenti di qualcuno, quanto di tutte le donne che hanno educato i loro figli nel rispetto della persona.

Chi di noi accetterebbe di essere chiamato ladro, solo perché l’umanità comprende anche i ladri? Chi accetterebbe di essere chaimato assassino per lo stesso motivo? Eppure si pretende di dire che “i maschi sono violenti” (tutti i maschi) e “le donne vittime” (tutte le donne) solo perché ci sono casi in cui una donna è stata vittima di un uomo. Al contrario questa inferenza però non la si fa mai, anche se esistono eccome casi in cui uomini e donne sono vittime di donne. E spesso sono delitti estremamente efferati.

Tutto ciò ha una motivazione: consente a un notevole numero di persone di condurre trasmissioni televisive, tenere rubriche sui giornali, mettere in scena spettacoli teatrali e ottenere visibilità politica grazie al terrorismo mediatico, al procurato allarme e alla diffusione dell’odio e della paura.

Se si ritornasse a parlare di PERSONE e si smettesse di parlare di categorie fomentando guerricciole apparentemente da asilo di infanzia si risolverebbero i problemi di tutti. Invece si stanno creando le condizioni per un altro dramma sociale ben più grave di quello creato in nome di una malintesa “lotta di classe” solo trentanni fa.

I diritti o sono di tutti o sono privilegi. E quello che ora si sta facendo è garantire il privilegio non abolire le barriere.

Il disegno di legge Serafini per la lotta al “Femminicidio” prevede un finanziamento alle “Cooperative di Donne” per 85.000.000 di euro (ottantacinquemilioni, il prezzo di tre F35) : per qualcosa che non è un’emergenza e che è già punito in quanto OMICIDIO.

Esclude quindi qualunque tipo di sostegno ai casi in cui sia un uomo la vittima (e sono 70 l’anno per i moventi identificati come violenza famigliare), ma soprattutto fa sorgere il sospetto che le COOPERATIVE DI DONNE altro non siano che l’equivalente dei GIORNALI DI PARTITO o delle ASSOCIAZIONI SPORTIVE: ovvero un modo surrettizio per il finanziamento dei partiti.

Esattamente il contrario di quello che serve ai cittadini.

Esattamente però quello che serve ai partiti.

Almeno a quei partiti che si stanno sempre più trasformando in comitati di affari.

Mi chiedo se Civati abbia qualcosa di diverso da proporre rispetto a questo tema (ovvero della eguaglianza uomo/donna) o se si manterrà sul comodo conformismo che ha fatto dirie a Bersani in campagna elettorale “ddobbiamo dircelo, queste sono le cose che fanno i maschi!” riferendosi al caso di Sarah Scazzi, uccisa da Zia e Cugina. E facendomi urlare: “ma le farai mo’ te, ste robe qua!”

Cordialmente.”

(I dati citati sono pubblici e sono tratti dal Ministero degli Interni, Ministero della Salute, ISTAT, EURES, bollettinodiguerra.org e varie altre fonti